Patologie

Ipertrofia Prostatica

L’ipertrofia prostatica (IPB o BPH – benign prostatic hyperplasia) è un processo parafisiologico a carico della prostata che si manifesta con il progredire dell’età, probabilmente per i cambiamenti ormonali fisiologici che accompagnano l’avanzare degli anni, caratterizzata dall’aumento di volume della ghiandola prostatica. Circa il 35% degli uomini evidenzia, intorno ai 60 anni, segni di ipertrofia prostatica; la percentuale può raggiungere l’85% nei pazienti con età maggiore di 85 anni.

È importante non trascurare i primi sintomi di un possibile disturbo alle vie urinarie e, in caso di persistenza sintomatologica, sottoporsi ad una visita specialistica. Accertare la causa dei disturbi minzionali nella fase iniziale consente di intervenire prontamente per evitare, o almeno rallentare, la progressione della malattia verso un quadro clinico che potrebbe avere ripercussioni sulla vita personale e sociale dell’individuo.

Trattamento medico e chirurgico

In alcuni casi, l’ipertrofia prostatica può regredire con una terapia medica specifica ma, in genere, lo scopo della terapia medica è quella di arrestare l’evoluzione dei sintomi. In caso di fallimento del trattamento medico, può rendersi necessario un trattamento chirurgico. Sicuramente l’intervento più conosciuto è il classico intervento di resezione trans uretrale della prostata (TURP). Questo prevede l’asportazione parziale, ossia dell’adenoma centrale, della prostata attraverso l’uretra.

Nell’ultimo anno, qui a Villa Betania, abbiamo introdotto anche la tecnica del laser al tulio che è l’ultima frontiera della chirurgia al laser. La prostatectomia transuretrale mediante laser al tulio (THULEP) permette di trattare prostate che superano i 100 gr (il peso normale è circa 25 gr), ha una durata media di 90 minuti e offre gli stessi risultati e la non invasività della classica tecnica endoscopica, ma apporta ulteriori importanti vantaggi come: la riduzione del sanguinamento (permettendo di trattare anche pazienti in terapia antiaggregante o anticoagulante), del tempo di cateterizzazione (in media il catetere viene rimosso nelle 30 ore successive) e, quindi, dei giorni di degenza ospedaliera, con un più rapido ritorno alle normali attività quotidiane.

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